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Stamattina lock down

 

 

Stamattina pensavo che il tempo passa veloce e sembra che cambi tutto, in realtà siamo solo noi che cambiamo modificando la realtà che ci circonda. Pensavo quale terribile strumento è la TV e che incredibile potere ha sulla mente e la volontà degli uomini e delle donne. Oggi più che mai estrinseca tutta la sua forza prorompente e anche alienante. Un tempo, ai miei tempi, durante la mia giovinezza, appena 20/30 anni fa, si parlava di Decostruzione ossia educare al pensiero non condizionato, oggi, invece, si esercita l’attività della COSTRUZIONE del pensiero.
Quando ho sentito della apertura del fascicolo d’inchiesta sulle zone rosse di Bergamo, al di là del fatto intrinseco della politica fatta di annunci ma poi non veloce nell’esecutorietà dell’azione (il che a volte è un fatto buono e altre volte no), si evidenzia anche in tutta evidenza la COSTRUZIONE del pensiero. In pratica il lock down è una modalità messa in piedi dallo stesso governo, mutuata dal Giappone, e mai esistita prima, neanche in tempo di austerity, e ora sembra un fatto assolutamente DOVUTO. Questa è la costruzione del pensiero. Instaurare un’idea che ha effetti prima ancora che fosse instaurata, effetti retroattivi. Come se quella idea fosse lì da sempre.
Così mi è capitato di avere questa sensazione anche quando presentarono Monti in TV per la prima volta. Egli era l’uomo del momento, un europeista di fama mondiale. In realtà non ne avevo mai sentito parlare prima ma da quel momento era come se lo conoscessi da sempre e da sempre come studioso di fama mondiale
Questo era lo schema che a scuola ci facevano combattere, soprattutto noi future (si presupponeva) insegnanti.
Oggi è ormai l’esatto contrario.
E siamo diventati tanti… Più di 7 miliardi di individui al mondo

COMICON ed il mondo perduto

 

 

 

Si è svolta a Napoli la manifestazione più seguita dai giovani di tutto il mondo COMICON alla Mostra d’Oltremare dal 28 al 1 maggio 2018.

Chissà cosa direbbero Yellow Kid, Max und Moritz, Hogan’s Alley, Altan, Alan Ford, Sullivan, Disney, Don Rosa, Carl Barks, Quino, Mafalda, Linus, Tex, Barbarella, Diabolik, Il Signor Bonaventura, Amelie Flechais, I Simpson, Lupetto rosso, Lupo Alberto, Stumptruppen, Paperinik, Manara …. semplicemente assenti, appena accennati.

La Mostra Comics di Napoli di quest’anno 2018 è una copia sbiadita, fredda, impoverita e depauperata dell’edizione 2016. L’unico vero grande assalto fantastico è quello dei ragazzi, mai stanchi, mai traditori del loro mondo assolutamente riservato, anche quando esso è in difficoltà, anche quando è attraversato furtivamente dagli ‘adulti’ in cerca di realtà vera.

Quest’anno tutto Giappone : Magic la fa da padrone, giochi elettronici, Saghe telematiche, arcani e misteri dell’oriente pure loro intristiti da un tempo miserrimo, Anime e Manga, Avengers ed una bella tappiera per vincere gadgets.

Ed i cosplay sono solo fantasmi del bel tempo dell’adolescenza

Premio Pullitzer alla freddezza, alla alterità, allo svuotamento dei contenuti, al meccanicismo, al nipponismo …

Magari questa edizione sarà costata anche di più, ma la resa è molto di meno nonostante i grandi nomi premiati, tra cui ZeroCalcare … invisibile …

Quest’anno, come tutti gli anni del resto, si è svolto il solito appuntamento di aggiornamento professionale per giornalisti interessati a ‘giornalismo e fumetti’

In questa edizione 2018 la lezione è venuta da : Ottavio Lucarelli, presidente odg Campania; Marco Rizzo, giornalista e scrittore; Lelio Bonaccorso, fumettista; Vito Foderà, giornalista; Sergio Nazzaro, Giornalista e scrittore che ci hanno parlato del valore del fumetto e della sua narrazione per immagini e/o testo,presentando il libro di Lelio Bonaccorso e Marco Rizzo ‘Salvezza‘, storia in fumetti delle esperienze di immigrazione vissute in prima persona .

E per questo non diete a Sergio Nazzaro, scrittore anche per AgoràVox, che il fumetto è poco serio … si tratta di cose serissime !!

 

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Infine : ‘Come siamo arrivati sin qui?’

 

 

Tra libertà, innovazione e regresso, come prende avvio l’idea di Pubblica Amministrazione

Come siamo arrivati fin qui

“L’uomo è un animale politico” – lo diceva Aristotele in una sintesi meravigliosa del suo concetto di società civile, cittadinanza ed etica (definita etica nicomachea dal nome del figlio Nicomaco che raccolse in scritti i discorsi del padre). L’uomo per sua natura è egoista e tende a raggiungere la propria felicità ma ciò non è di per sé sbagliato se questa felicità viene inserita nel quadro più ampio del “bene comune” della società nella quale l’uomo vive. Mentre per Platone la felicità è un’idea irraggiungibile per Aristotele la felicità è l’azione che si intraprende per il conseguimento di essa. Quindi una virtù d’intermediazione tra l’uomo e l’ambiente, l’uomo ed i suoi simili, l’uomo nella sua vita pubblica. Questo concetto, nella sua logica stringente, ha affascinato secoli di generazioni successive. Si può addirittura affermare senza grande tema di smentita che fu Aristotele l’ispiratore della famosa asserzione “il fine giustifica i mezzi”, che con altre finalità pronunciò il Machiavelli nel “Principe” del 1513

Ma sia la Magna Grecia che il Sacro Romano impero, che il Rinascimento o anche il Secolo dei Lumi, parlavano di popolo ed impero, di democrazia o di dittatura, di gestione e di partecipazione, senza prevedere in alcun modo il concetto di “rappresentanza” o “delega”– idee per loro dai contorni ancora molto sfumati. Gestione, democrazia e partecipazione erano dirette, in linea di massima. Il Senato Romano era composto di elites che parlavano quasi in prima persona, dato l’esiguo numero dei membri della classe sociale di cui si facevano interpreti. In senso letterale si potrebbe dire con termine moderno essi si rendevano “autoreferenti”, rispetto alla totalità del popolo. Per le civiltà elleniche valse in sostanza questo salto di classe nei rapporti di “politeia”.

La democrazia partecipativa, “costitutiva” e “costituzionale” la troviamo, sì, in fieri in Atene, ma è una partecipazione assembleare, dall’aspetto ancora tribale e non molto includente, anzi si può dire escludente dei paria e di tutte le classi inferiori. Volendo sorvolare su Solone, Pisistrato e addirittura la Sparta di Licurgo (sulla quale ci sarebbe molto da rilevare, appuntare ed analizzare) basti, qui appena menzionare le riforme dell’ateniese Clistene. Nella sua riforma sociale diede maggior importanza all’Ecclesia (l’assembla popolare) i cui componenti erano scelti in proporzione su base geografica, secondo le tribù territoriali, in modo da rappresentare tutto il territorio, suddividendolo per classi geografiche. In essa ebbero maggior peso gli appartenenti ai ceti medi in numero maggiore su tutto il territorio.

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Nel corso di pochi secoli tutte le civiltà elleniche passarono dalla monarchia alla timocrazia con a capo un tiranno, il quale non sempre era un potente “negativo”. Anzi a volte aumentava il proprio regno in floridezza e benessere. Era nel suo interesse. Fino ai tempi bui del Medioevo – si assimilava all’idea di rappresentanza il concetto di associazioni di classi e categorie sociali. Con l’uscita dal Medioevo e lo scivolamento verso i Comuni – molto sentiti in Italia, persino oggi in forma decisamente nostalgica – la democrazia si fa sempre più espressione di classe, nel senso di “mestieri”. Altri esempi ne troviamo nella Magna Charta di Giovanni Senzaterra con la quale il sovrano concede diritti economici ad alcune classi sociali.

E’ la classe l’elemento distintivo che sin dai primordi caratterizza la partecipazione democratica alle “adunate” di popolo. Quindi, infine, fu proprio la concentrazione dei poteri nelle mani di un solo attore sociale (il re, l’imperatore), intorno al ‘600/700, (il ritorno dunque dell’antico imperialismo romano rivisto alla luce delle nuove scoperte scientifiche ma con una fede maggiore nell’uomo e nei suoi destini) che finì con il generare una serie di ramificazioni di classi intermedie, più evolute certo rispetto alle origini greco-romane ma molto più smalizziate ed impomatate e che finirono con l’assumere quell’aspetto utilitaristico, pragmatico, cinico e di “intermediazione” – se non addirittura di “filtro” tra il sovrano ed il popolo – di cui ampia e lucida analisi ne fece N. Machiavelli ben due secoli prima nell’osservare la borghesia dei comuni. L’assolutismo impose all’attenzione del mondo intero l’idea della necessità di gestire i pubblici affari attraverso gradini intermedi, gerarchici e gerarchizzanti, interponendosi tra la divinità ed i suoi sudditi. L’intermediazione, come su detto, viene tradotta con filtro. Nel ‘700 dunque – nel periodo di maggior fulgore della monarchia assoluta e della sovranità d’imperio nonché imperiale – lo “Stato” diviene sinonimo di Amministrazione della res pubblica d’origine romana. Lo sviluppo della borghesia durante il regno di Luigi XIV è assicurato dall’assolutismo monarchico ed è fondato sulla distinzione tra l’uomo privato e quello pubblico. Il suddito potrà fare i suoi affari ed esprimere una certa libertà di pensiero ma questa non dovrà mai entrare in conflitto con l’autorità del sovrano. Alla figura del popolo si sostituisce quella del sovrano – incarnazione della comunità.

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Al popolo dunque viene definitivamente tolto potere di decisione e lasciata la sola libertà individuale e personale – ormai siamo ben lontani dalla politeia greca – ma fino al limite in cui il sovrano non decidesse diversamente. Quindi, attuando una rapidissima sintesi, i passaggi storici fondamentali dell’organizzazione sociale-pubblica, nel senso filo-sociologico come gestione “democratica” di una data comunità, hanno attraversato il Sacro Romano Impero, sono passati per l’Imperialismo, sono approdati allo Stato Sovrano Repubblicano per scivolare infine alla Sovranità Sovranazionale (Comunità Europea e Comunità Internazionali). Un’origine assolutamente antropologica, un approdo un po’ “sui generis” per quella reciproca limitazione dei poteri che distingue le moderne “democrazie”. E proprio un altro passaggio storico imperiale come quello del potere napoleonico ha novellato, in Italia, i trattati di giurisprudenza ed i vari codici di diritto. E sempre per opera ed effetto di un potere unico e sovrano: Cavour e la dinastia Savoia, siamo giunti in Italia al riconoscimento dei diritti costituzionali, ottriati, perché concessi, e costitutivi – fondanti ed inalienabili – di un popolo che esige di essere amministrato con equità e giustizia, senza adunanza di popolo ma delegando le proprie intenzioni. La filosofia di fondo delle costituzioni è la cessione o meglio la delega di porzione del proprio potere da parte del popolo a chi può meglio amministrare il tutto, salvaguardando l’interesse dei singoli.

rousseauLa costituzione è il contratto sociale di Rosseau e la P.A. il suo braccio operativo. Ma l’amministrazione pubblica discende dal potere assoluto, come abbiamo visto, come la costituzione dal potere “sovrano”, in questo forse il “peccato originale” e/o originario del concetto di democrazia in generale, dopo Atene, s’intende. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo del dicembre 1948, mise un punto fondamentale su ciò che vuol significare democrazia, regole e diritti : l’uomo al centro, dopo la devastante esperienza nazifascista. E quindi da quel momento in poi, ciò che avevano già tentato l’illuminismo prima e la Rivoluzione Francese poco dopo, l’uomo è al centro delle politiche. Sempre con termine moderno si direbbe: è nell’agenda dei governi. Ma a questo punto la domanda sorge spontanea, direbbe il giornalista Lubrano, alla luce del fatto che il concetto di democrazia partecipativa si sviluppa proprio con i governi “assoluti” o “dittature” “è il popolo che genera la dittatura o è la dittatura a generare la democrazia partecipativa popolare”? E’ un punto di riflessione. Sono evidenti, invece, e molto meno filosofici, i difetti e le difficoltà delle moderne democrazie che portano con sé la necessità delle “gerarchie” per le “amministrazioni” – data anche la forte espansione demografica- e che ha creato le pubbliche amministrazioni attuali, le quali nel corso dei secoli hanno vissuto alterne fortune.

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Fino alle Leggi Bassanini. Infatti fino al 1990 non si è fatto altro che parlare di democratizzazione della p.a., di necessità di riformare la struttura resa ancora più apparato dall’esperienza del fascismo, sopraggiunto in seguito alle monarchie, assolute o meno. Con l’avvento della Repubblica Italiana, a carattere parlamentare e costituzionale, e dalle Leggi Bassanini in poi, l’esigenza si è focalizzata sulla modernizzazione della pubblica amministrazione alla luce dei rinnovati rapporti sociali instauratisi con la globalizzazione e la modifica degli assetti strutturali della società in continuo evolversi ed in continua ricerca di solidale omologazione (e per questo definita da Bauman “liquida”). La ri-riforma della P.A. è diventata così una rinnovazione, uno svecchiamento di una macchina ormai obsoleta nella sua filosofia di fondo in rapporto all’evoluzione dei tempi. Assetti e meccanismi giocoforza sono stati modificati, sveltiti, riattualizzati. Oggi – nel post Bassanini – la P.A. ha evidenziato la necessità di proseguire lo status quo verso l’innovazione. Innovazione è una nuova filosofia orientata al merito ed al progresso umano che ha come obiettivo la qualità della vita all’interno del cambio strutturale epocale e che è portatrice di valori e risultati positivi – non perchè posti ma perchè propositivi di miglioramento e benessere sociale, identificativi di tutti gli strati sociali, includenti e mai escludenti, perfezionanti e mai regredenti. In poche parole un auspicato ritorno a Socrate come contenuto da inserire all’interno della modernità. Almeno questo l’auspicio. *************

Che cos’è una P.A.?

Ma tutte queste “trasformazioni storiche” della civitas umana sono state accompagnate, soprattutto da un certo punto in poi da leggi. E’ dai tempi dell’Illuminismo che la definizione di Pubblica Amministrazione prende corpo. Soprattutto in Italia. Neanche i Comuni del Medioevo ebbero ben chiara quell’idea di gestione degli affari pubblici che si delineò proprio in Europa, con il re Sole e la sua filosofia tutta concentrata nella ormai famosa espressione “l’Etat ce moi”. Mi si potrebbe obiettare che già i romani sin dalla fondazione dell’Urbe, se non addirittura gli ateniesi da Socrate e Platone, sentirono la necessità di analizzare il miglior modo possibile di gestire un territorio ed una popolazione associata in “comunità” – per vasta o piccola che fosse.

LE TAPPE DELL’EVOLUZIONE DELLA P.A.

RIFORMA DELLA P.A. Si è avuta più o meno nel corso dei secoli ma soprattutto in Italia dal fascismo in poi, dalla Costituzione ed il Riconoscimento della Repubblica democratica e fino alle Leggi Bassanini

RINNOVAMENTO DELLA P.A. Dalle Leggi Bassanini in poi e relative modifiche degli assetti statutari strutturali e formali

INNOVAZIONE DELLA P.A. Dal cittadino utente al cittadino relazionato: la P.A. come interfaccia tra la politica e la cittadinanza : efficienza e cultura del servizio – l'informatizzazione come messaggio.

… to be continued ..

Non ‘dove siamo’, nè ‘chi siamo’ ma ‘dove stiamo andando’

Viviamo su un pianeta che non ha elementi di sicurezza. La superficie terrestre non è perfettamente liscia, si presenta increspata, piena di dislivelli. Solo 1/3 della superficie è abitabile e su questo 1/3 brulicano 7 miliardi di persone all’incirca.  Circa il 71% della superficie è coperta da oceani di acqua salata, mentre il restante 29% è rappresentato dai continenti e dalle isole.

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Nel corso di 4 miliardi di anni la terra ha subito trasformazioni incredibili ed ancora è mobile ed in movimento

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Ma il dato più essenziale è che proprio la popolazione umana ha imposto alla terra la maggioranza di  questi cambiamenti

 

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L’uomo ha occupato ogni spazio disponibile, in terra ed in cielo e sfruttatto ogni risorsa del suolo e del sottosuolo.

Secondo diversi esperti, infatti, la crescita della popolazione mondiale porterà alla distruzione della Terra, e questa teoria fa da filo conduttore al film “Inferno” tratto dall’omonimo libro di Dan Brown.

Al momento sulla Terra ci sono circa 7,4 miliardi di abitanti, mentre un secolo fa erano solamente 1,6 miliardi. Tra i Paesi con il maggior numero di abitanti il primo è la Cina, con i suoi 1,4 miliardi di cittadini, seguita dall’India (1,2 miliardi) e dagli Stati Uniti D’America (324 milioni).

Nelle prime dieci posizioni non troviamo nessun Paese europeo, poiché il primo della lista è la Germania (quindicesima) con i suoi 82 milioni di abitanti, mentre l’Italia (63 milioni) occupa la 23esima posizione.

Come si può facilmente immaginare, l’Asia è il continente più abitato nel mondo (4,2 miliardi) e più della metà della popolazione mondiale è asiatica. Il secondo continente più popolato è l’Africa (1,1 miliardi), seguito dalle Americhe del Nord e del Sud (949 milioni), dall’Europa (716 milioni) e dall’Oceania (38 milioni).

Tuttavia i dati statisti ci dicono che la crescita della popolazione mondiale sta rallentando di molto dalla fine del secolo scorso, ma l’ìaspettativa di vita è triplicata rispetto agli inizi del 800, fine 700. Le nascite sono il doppio delle morti, quindi nonostante il rallentamento, secondo l’ONU la popolazione mondiale raggiungerà gli 8,5 miliardi di abitanti entro il 2030, i 9,7 miliardi nel 2050 e gli 11,2 miliardi nel 2100. [dati di Forex]

Ciò significa che le risorse scarseggerano sempre più e quindi l’aspettativa di vita diminuirà, così come il numero delle morti  aumentaranno. Una inversione di tendenza che registra anche un cambio etnico. Infatti i paesi a forte industrializzazione rasentano la curva zero nelle nascite mentre aumenta la popolazione dei paesi meno industrializzati: aumentano le nascite, diminuiscono le morti.

Lo scenario è intuibile ma non proprio così facilmente, perchè tutto ciò influisce sull’ambiente : deforestazione, inquinamento, impoverimento delle risorse naturali, portano la terra ad un cambio d’equilibri che influirà senza dubbio sulla popolazione mondiale che a sua volta imprimerà ulteriori cambiamenti d’equilibrio alla terra.

Siamo entrati in un circolo vizioso dal quale sarà complicato uscirne.

Intanto è importantissimo rivedere il nostro rapporto con l’abienmte e la natura.

Alcuni esempi eclatanti:

  1. I pesticidi colpiscono memoria e orientamento ma anche olfatto delle api, che sono in via di estinzione, procurando un grave danno all’ambiente. Molte specie vegetali non potranno utilizzare questo fondamentale vettore di impollinazione, contribuendo così alla desertificazione del pianeta.
  2.  Basta l’aumento di 1°C della temperatura perché il riscaldamento globale abbia effetti decisamente peggiori di quanto viene stimato oggi. A dirlo è un team internazionale di scienziati che ha analizzato le ricadute del global warming sul tasso di rilascio di carbonio stoccato nel suolo. La ricerca è stata appena pubblicata sulla rivista specializzata Nature. La maggior parte del carbonio esistente sulla Terra si trova nel suolo.
  3. Gli elefanti stanno nascendo senza zanne, per difendersi dal bracconaggio selvaggio. Un fatto incredibile di modifica della specie. Gli elefanti necessitano delle zanne per arare il terreno in cerca d’acque e alimenti, nonchè per difendersi. Tale è stato l’assalto alle zanne degli elefanti, che vengono uccisi per potere asportare l’avorio, che la specie è in via di modificazione e forse si estinguerà se questo trend non si interrompe.
  4. Prima la deforestazione selvaggia che ha fatto sparire migliaia di ettari di foresta tropicale in Perù. Poi la diffusione di miniere d’oro in buona parte illegali e legate al crimine organizzato. Infine l’allarme da contaminazione di mercurio, sostanza che viene impiegata nei procedimenti di estrazione del metallo prezioso, che aveva spinto il governo a dichiarare 2 mesi di emergenza nazionale lo scorso maggio. Adesso una nuova ricerca, condotta dall’istituto americano Duke Global Health e non ancora pubblicata, rivela che il mercurio è una vera e propria piaga: si tratta di una “epidemia cronica” e non soltanto di un fenomeno passeggero. L’analisi scientifica è stata rivelata dal quotidiano britannico Guardian, che ha potuto visionarla in anteprima. I dati raccolti finora riguardano la regione peruviana di Madre de Dios (ribattezzata dai suoi abitanti Desmadre de Dios, cioè postribolo), dove si trova la miniera d’oro di Ara, uno dei siti illegali più grandi al mondo. Gli scienziati hanno raccolto i dati sui livelli di mercurio presenti negli abitanti della zona, scoprendo che sono incredibilmente più alti della norma
  5. Anche in Europa l‘inquinamento atmosferico continua mietere vittime. Lo smog, nel seno più ampio della parola, è responsabile della morte prematura di oltre 470mila europei l’anno. Il numero è quello fornito dall’Agenzia europea dell’Ambiente (AEA) come ultimo dato aggiornato (i valori si riferiscono all’anno 2014) ma se la valutazione fosse in mano all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i morti salirebbero a 600mila l’anno. Centinaia di migliaia in più o in meno, rimane il fatto che il Vecchio Continente è ancora alle prese con la lotta allo smog. Una lotta che ci costa dolore e circa 1.600 miliardi di dollari (rapporto Oms Europa e Ocse).   “Le riduzioni delle emissioni hanno portato a miglioramenti nella qualità dell’aria europea, ma non abbastanza per evitare danni inaccettabili alla salute umana e all’ambiente”, spiega Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’AEA che, nel giorno della votazione a Strasburgo della direttiva smog, ha presentato la documentazione sui progressi raggiunti sull’inquinamento atmosferico.   E tuttavia, riguardo il caso ‘dieselgate’,  nonostante le promesse, la Commissione europea non chiederà che i test sulle emissioni dei veicoli siano affidati a un ente terzo, distinto sia dalle case automobilistiche sia dagli Stati membri. La nuova rivelazione sul dieselgate arriva dalla bozza di regolamento Ue che sta per essere votata a Bruxelles, documento che il quotidiano britannico Guardian ha potuto leggere in anteprima. Una mossa gattopardesca, quella del ramo esecutivo dell’Unione: le nuove regole di “nuovo” avranno solo la data di approvazione, ma la sostanza non cambia. Un ottimo modo per preparare altri dieselgate, stavolta “legali”. Lo scenario è questo: per un anno il dieselgate è sembrato un gigantesco scaricabarile, adesso assomiglia più a una scena di quei western dove tutti si puntano contro la pistola e nessuno può fare un passo. Quando scoppiò lo scandalo l’Ue accusava gli Stati membri, che a loro volta accusavano le case automobilistiche (degli altri paesi, non le proprie), che a loro volta sostenevano di non saperne proprio nulla. Ora che bisogna correre ai ripari, cambiando le regole e facendo chiarezza su chi è il controllato e chi il controllore, tutti accusano tutti per evitare di rimanere col cerino in mano. Insomma ogni paese si controllerà le proprie auto, e basta ma sappiamo che ogni paese favorisce le proprie case automobilistiche (Germania docet) …
  6. Australia: distrutto il 67% della Grande barriera corallina

Non proseguo.

Tra alti e bassi, rovine e ricostruzioni, il mondo dove sta andando …

 

 

Poseidon – tra mito e realtà, il parco termale più bello del mondo

 

E chiedetelo a lui,  ad Antonio … lui conosce tutti i fatti e gli anteffatti dei Giardini di Poseidon. Chiedetegli se è vero che i Giardini sono magici. E’ lì da anni, è una istituzione, una colonna che ha sostituito un’altra colonna decennale.

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Chiedetegli se è vero che chi trascorre le estati alle Terme di Poseidon, poi campa cent’anni e più.

Sarà per la leggenda di Poseidone a cui si associa il nome delle Terme, sarà per l’architettura esotica ed arcana, o meglio sarà per le acque speciali che sgorgano da sotto terra, per l’aria e l’ossigeno che si respira, per la quantità di iodio ed il relax di cui si beneficia, ma i Giardini di Poseidon sono da sessant’anni lì a testimoniare che luoghi più belli  e sanial mondo non ve sono

Poseidon una legenda del mare di Ischia

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Era il 29 settembre del 1538, tra Baia e Pozzuoli in una sola notte un tremendo sisma fece nascere una collina lungo la costa partenopea, il Monte Nuovo. Questo evento sconvolse l’intero bacino termale flegreo rendendo le sue acque termali e curative.  Il forte flusso di pazienti che andavano a curarsi nelle terme flegree fece scoprie anche  la vicina Ischia, che divenne in breve tempo una meta gradita, in quanto l’aumentato flusso di acque termali mise in collegamento il litorale flegreo con l’isola, allora ancora, sconosciuta. Grazie al calore ed alle straordinarie proprietà benefiche delle sue acque, l’antica Pithecusae divenne così un’isola di approdo per il benessere e la salute.

Ma Ischia era abitata già nell’antichità, addirittura nel Neolitico, ed era già nota nel 725 a.C. per le sue proprietà afrodisiache,

« Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona »

dice la coppa di Nestore  ritrovata nel 1953 dall’archeologo Buchner nella Necropoli di San Montano.

Nell’immaginario latino l’isola era associata anche alla figura di Enea, che qui avrebbe fatto scalo. Virgilio la identificò con Arime, isola citata nell’Iliade (II, 783).

Ma c’è anche chi ipotizza che sia stata citata nell’Odissea, come una delle tappe del viaggio d Ulisse, esattamente l’isola dei Ciclopi,  (infatti l’isola assomiglia tanto alla sua gemella molto più grande, la Scilia, di cui è compagna nel Mediteraneo,  pare che il grosso masso che si trova nel mare tra punta Caruso e Sorgeto sia proprio quello che Polifemo lanciò contro Ulisse.

Tra storia e legenda Ischia offre scenari impedibili sia con il mare in tempesta, come quello del Poseidon , il film di Petersen basato sul romanzo di Gallico, o come il tempestoso mare dell’ira di Poseidone che dovette affrontare Ulisse, sia che sia mare più quieto e eletto, come quello che solcò Enea per fondare la Grande Roma.

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Le Terme di Poseidon uniscono tutti questi elementi a quelli concreti e attivi della bellezza del posto e la salubrità delle sue acque.

Costruite negli anni sessanta ad opera del  medico umanista tedesco Gernot Walde,

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furono acquista negli anni settanta dall’industriale bavarese Ludwig Kuttner che le trasformò con l’aiuto dell’architetto Zollinger, nell’opera d’arte che oggi è sotto i nostri occhi

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Staudinger, anch’egli bavarese, acquista le terme negli anni 90,  la cui gestione  passaalla moglie Lucia Pilz ed infine alla figlia Lucia Beringer  che ne tiene egregiamente le redini, ispirandosi ad una filosofia ambientale ed ecologica, scrupolosa.

Ma c’è un’altra legenda che ispira propriamente la spiaggia di Citara, su cui si affacciasno le terme di Poseidon.  Venere Citerea (dea della bellezza, Afrodite per i Greci), addolorata per la morte improvvisa di Adone, del quale era innamorata, pregò Giove di farlo vivere nuovamente; ma se n’era invaghita anche Persefone, dea dei morti. Giove sentenziò allora che per una parte dell’anno Adone rimanesse nel regno delle ombre e per l’altra tornasse tra i vivi. Venere, allopra, si diresse con la sua nave verso l’isola d’Ischia piangendo la morte dell’amato. Dalle sue lacrime calde nacque una nuova fonte che da Citerea viene chiamata Citara.

Acque divine!

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La manutenzione

 

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Riflettevo sul bel lavoro scritto,  (AA.VV.) a cura di Flavia Marzano ed Emma Pietrafesa – responsabili della Rete WisterWister

la rete che intende promuovere politiche dell’innovazione sensibili alle differenze, a partire da quelle di genere,  facente parte degli Stati Generali dell’Innovazione – con prefazione del bravissimo Alessandro Gilioli –  e che prende il nome di «Anche i maschi nel loro piccolo…»

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La pubblicazione in forma di e-book ‘raccoglie una serie di riflessioni su alcune tematiche di genere raccontate e trattate attraverso varie sensibilità e percezioni maschili’

Questa nuova modalità di narrazione sociale, efficace e penetrante,  attraverso visioni esperenziali, mi ha fatto pensare ai salutari racconti della nonna, quando la vita aveva il sapore del racconto vissuto e anche risparmiato all’ascoltatore. Un insegnamento di cui un tempo si faceva tesoro.

A volte di queste modalità salutari del passato ne sentiamo tanto il bisogno al punto da confoderle con ‘certe politiche‘ che un tempo funzionavano.

In realtà quello di cui si avverte tanto il bisogno sono i ‘bei vecchi valori di un tempo’, quelli per cui valeva la pena battersi e  magari –  ma anche magari no – soffrire un po’.

Il fatto è che il passo indietro lo abbiamo comunque compiuto, purtroppo, nella perdita dei diritti per cui fino ad oggi tanti hanno combattuto e sofferto, per e con noi.

Infatti come si legge nella prefazione :

Insomma, sembra quasi che la storia a un certo punto abbia iniziato ad andare all’indietro: è aumentata la distanza di reddito tra uomini e donne proprio come è aumentata la distanza di reddito (e patrimonio) tra la minoranza più ricca e la maggioranza più povera del Paese, e così come sul lavoro è aumentato il rapporto di forza di chi sta ai vertici della piramide gerarchica nei confronti di chi sta ai gradini più bassi – è così via.

Questo schema di trasformazione sociale così mobile e complesso, fatto di sussulti e continui stop and go, fatto di compresenza tra vecchio e nuovo pensiero,  ha portato molti a credere alla necessità di una riforma, nel senso di ‘ristrutturazione’ sociale che secondasse di più la modernità, poichè, sicuramente attraverso di essa verrebbe una nuova riacquisizione di diritti sociali, più empirici e contingenti.

E invece no –  pensavo tra me e me –   la musica, il refrein, ossia il tema di fondo, è accattivante e anche giusto se vogliamo ma temo che le parole siano sbagliate, come anche si legge tra le righe del libro-ebook,  che consiglio vivamente di leggere.

Voglio dire che le riforme per la conquista dei diritti perduti, sono un giusto e  affascinante motivo per catturare l’attenzione sociale, purtroppo mi sembra che il testo non sia tanto intonato con la musica.

E prendo ad esempio la Costituzione

Tutti conosciamo la Costituzione eppure nessuno la conosce davvero.

Vogliamo cambiarla perchè ‘inattuale‘, ‘inadatta‘ ai tempi, eppure essa è modernissima nei principi ispiratori, e quei principi non dovrebbero essere modificati se non nella forma. Ad esempio la Costituzione è scritta al maschile. E’ stata scritta nel 1947/48 ed a quel tempo tante conquiste non erano ancora avvenute, eppure nella Costituzione sono sottointese.

Vediamo e mi spiego meglio: l’art. 1, ad esempio, recita:

ART. 1.
L’Italia è una Repubblicademocratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limitidella Costituzione.
Se vogliamo renderlo più attuale senza modificarne il principio ispiratore potremmo, a mio parere, modificarlo così:
ART. 1.
L’Italia è una Repubblicademocratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene alle donne ed agli uomini nati in Italia e riconosciuti cittadini italiani, che la esercitano secondo i dettati della Costituzione.
Vediamo ora l’art.2. La Costituzione recita 
ART.2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale
Si potrebbe riscrivere:
ART.2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili della donna e dell’uomo, sia individualmente, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento da parte di tutti dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale
Andiamo avanti:
ART.3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale  e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Riscritto:
ART.3

Tutte le cittadine ed  i cittadini hanno pari dignità sociale  e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza delle cittadine e dei cittadini italiani, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutte le lavoratrici ed i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

E ancora:

ART.8

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Così :

ART.8

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano e rispettando l’orientamento storico e religioso del paese.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

E così via …

La sostanza non cambia, i diritti aumentano, le parole colgono con maggiore profondità e meno equivoci l’ordinamento poltico che l’Italia ha inteso darsi dal secondo dopoguerra in poi.

Se oggi, invece, si creano equivoci è probabilmente perchè la ‘sostanza‘ delle nuove idee non è proprio in linea con la sostanza storica della cultura italiana, creando vecchi rigurgiti e avanzamenti arditi che ci portano fuori dalla cornice politico-sociale di origine, profittando dei nuovi tempi e della globalizzazione

La differenza tra Rinnovare Cambiare è nell’azione :

  • rinnovare vuol dire rendere più fresco e nuovo, immettere nuova linfa vitale per portare nuovi frutti. Le piante si rinnovano in primavera, ricevono nuovo concime e fertilizzante [rigorosamente naturale!]
  • cambiare è un azione ‘radicale’, vuol dire ‘sradicare’; può voler significare: togliere quello che c’è e sostituire con altra cosa

Ecco perchè oggi le tecnologie ci portano a prediligere il termine ‘innovazione’: non è un tentativo di togliere l’esistente, i diritti, gli schemi sociali, è, piuttosto, il tentativo di immettere nuvo contenuto, nuovi strumenti, adattare nuovo materiale, a ciò che è ormai assodato: ossia il sistema sociale e le sue forme di coesione

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Fumetti e Media : il mondo più giovane

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La storia dell’umanità come la conosciamo noi nasce con il fumetto. I primi esempi si possono considerare i ‘murales’ nelle caverne, da allora sempre grandi passi avanti. Uno schizzo qualunque di colore può essere considerato un ‘fumetto’ ma chiaramente è doveroso distinguere da fumetto a fumetto. L’origine della parola fumetto ha però un sapore anni ‘60 del novecento: far dialogare i personaggi tra loro scrivendo su carta le parole che pronunciano, inserite in una nuvoletta. E questa la vera nascita del fumetto che ha il suo padre nobile in Walt Disney.
Da allora il fumetto non ha conosciuto limiti o detrattori. Una ascesa inarrestabile che ha prodotto mode e personaggi sempre sofisticati nella loro ‘umanità’

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Alla Mostra Comicon di Napoli si possono trovare tutti i fumetti che si vogliono ed anche vere chicche, pezzi d’antiquariato, dei fumetti di una volta. Il un unico grande abbraccio i personaggi di tutti i fumetti ci guardano e sorridono delle nostre stranezze.
Il fumetto ha un bellissimo rapporto con l’audiovisivo, contrariamente a certi libri che sono bellissimi a leggerli ma a guardarli al cinema perdono un po’ di patos. Invece il fumetto trasposto in Tv o al Cinema rende anche di più. L’animazione del fumetto è la prima grande genialità della rappresentazione del nostro mondo, a volte così comico.

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Il fumetto, i suoi personaggi ci pongono di fronte alla nostra umanità, le nostre miserie materiali o umane diventano benevole o acquistano un’aura malevole, grazie alla grande invenzione del fumetto. Questo i ragazzi lo sanno bene, i ragazzi di ogni età o provenienza, e così almeno durante Comicon si affiancano ai loro paladini d’affetto e ne prendono le vesti per ringraziarli. L’aiuto dei personaggi disegnati rende questo mondo meno amaro.
Milo Manara
Milo Manara
Il momento più emozionante è stato ritrovare Keno Don Hugo Rosa, meglio noto come Don Rosa, nato a Louisville, il 29 giugno 1951, che firmava autografi, già di primo mattino, alla nuova generazione cresciuta da lui dopo l’illustrissimo Carl Barks (a cui personalmente resto affezionatissima)

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L’Eco delle rane

 

https://twitter.com/LanavediTeseo/status/700920796152201216

Mentre riflettevo sul perché Eco si sia orientato ad intitolare il proprio ‘ultimo’ libro Pape Satan Aleppe – imprecazione, interiezione, esclamazione di Pluto alla vista di Dante e Virgilio nel 4° cerchio dell’Inferno – un altro perché mi balenava alla mente.

Perché ad Umberto Eco chiedevi sempre e solo perché. Perché lui individuava il sottilissimo punto di contatto e anche di mescolanza degli opposti, che  nei nostri tempi postindustriali, gli strutturalisti, i kantiani, gli heideggeriani non riescono a cogliere. Non viaggiano sui confini.

Dicevo mi è balenato alla mente un altro perché.

Eco newPerché Eco ha scelto il nome della casa editrice ‘La nave di Teseo’. Notoriamente Teseo va a piedi per riconquistare il suo regno, scegliendo il viaggio più pericoloso, passando per diversi mondi. Come Ulisse. Ma Ulisse va per mare.

Come Dionisio prende la barca di Caronte per raggiungere l’Ade mentre Xantia fa il giro della palude a piedi. Mentre Dionisio è sulla barca di Caronte le rane cominciano a gracchiare, intonando un canto al dio Dionisio, non rendendosi conto che il dio è li con loro. Solo quando Dionisio comincia a gracchiare anch’egli, le rane ammutoliscono. Il viaggio di Dioniso avviene a piedi, attraverso Xantia e per ‘mare’ in presenza del dio stesso, in mezzo un racconto ‘social’.

Dionisio infine giunge da Euripide e Sofocle per chiedere loro consiglio su come salvare Atene e solo il consiglio di Sofocle viene riconosciuto come valido: prendere le navi. In fondo Dionisio sapeva già la risposta.

Quindi andare per nave ma chi va per nave? Chi deve muoversi? Teseo, fattosi giovane, per riconquistare il regno, come Ulisse, non come Dante.

A volte essere di sinistra significa fare cose di destra perché troppa sinistra diventa destra ma bisogna individuare bene la scelta degli strumenti. E’ l’ultimo messaggio, mi sembra

https://twitter.com/LanavediTeseo/status/701097958931099648

Perché nei fatti del mondo si procede per verità svelate

eco il nome della rosa

 

Per è il mondo che si muove, noi siamo fermi, e questa cosa è sorprendente nella sua semplicità

 

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ITALIA DIGITALE ?

 

PER CHI HA PAZIENZA DI LEGGERE E VA FINO IN FONDO !

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Il Pin unico deve diventare come un codice fiscale per il cittadino e per la pubblica amministrazione – Madia Leopolda del 12/12/2015

“ E’ il tratto della governance improntata alla nuova modalità d’identità che caratterizza la PA efficiente, trasparente e sempre più orientata alle esigenze dell’utente. Non più una imposizione dall’alto delle risposte da somministrare al cittadino – secondo modelli ‘preconfezionati’ –  senza porsi a propria volta domande sul grado di soddisfazione che queste risposte possono dare.

La burocrazia come mostro da sconfiggere ed i dirigenti della Pa tra i più ‘vecchi’ d’Europa, è questa la percezione che la cittadinanza italiana, in genere, ma soprattutto i giovani ha/hanno della pubblica amministrazione. Così la Ministro Madia si propone di attuare una vera e propria rivoluzione : ‘reclutamento in base ai fabbisogni del paese ed alle professionalità’ – C’è da immaginare che finalmente si dia mano alle piante organiche in base anche alle nuove e mutate esigenze della Pa – ‘Professionalità attraverso concorsi centralizzati e aggregati in base alle esigenze dell’intero paese’.

Madia si sofferma quindi sulla trasparenza, annunciando che la prossima settimana sarà presentato in consiglio dei ministri il decreto che introduce il Freedom of information act (FOIA). Ma, spiega, “abbiamo già guadagnato otto posizioni nella classifica mondiale sulla trasparenza grazie a nuovi siti che abbiamo realizzato, #SoldiPubblici, #Opencantieri, #Expò2015, in cui apriamo ai cittadini la nostra modalità di gestione delle risorse pubbliche. L’idea che il governo ha di trasparenza – conclude – è di una interazione con cittadini per fare insieme politiche contro la corruzione, gli sprechi, le inefficienze”.

Quindi trasparenza è sinonimo, o meglio è strettamente interconnessa, con comunicazione ed informazione ma soprattutto conoscenza.

Era il 1990, con la legge 241 Cossiga dava una prima spallata a quelle che fino ad allora erano state le porte serrate della Pubblica Amministrazione. 

Art. 1  L'attività amministrativa persegue i fini determinati  dalla legge ed è retta da criteri  di  economicità,  di  efficacia  e  di pubblicità secondo le modalità  previste  dalla  presente  legge  e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti. 
La pubblica amministrazione non può aggravare il  procedimento se  non  per  straordinarie  e  motivate   esigenze   imposte   dallo svolgimento dell'istruttoria.

Si legge tra le righe che ancora l’attività amministrativa persegue fini determinati dalla legge (non c’è la funzione propria del dialogo con il cittadino, il cardine è rigido, non è ancora immaginata la possibilità della interattività e della modulazione su e verso l’utenza) ma già si parla di criteri di economicità, di efficacia. Il procedimento può ancora essere gravato da straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. Ma il passo avanti è notevole.

Con le seguenti Leggi Bassanini, la serratura saltò, eppure la porta rimaneva ancora chiusa, diciamo come un legno antico che si è dilatato nel tempo e fatica a scorrere liberamente. Dalla sussidiarietà si passa in breve allo snellimento amministrativo, alla semplificazione e alla imparzialità del funzionario pubblico pur nell’aumentata autonomia locale.

Nella Legge 191 del 98, il Formez assume il valore etico di leva del cambiamento attorno cui ruota tutta la formazione della dirigenza pubblica e si comincia anche a delineare il telelavoro, che purtroppo in Italia non ha mai avuto una vera diffusione, al momento.

All’Art4, quello appunto che regola il telelavoro, al comma 3 si legge : Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità organizzative per l'attuazione del comma 1 del presente articolo(ossia il Telelavoro n.d.a.), ivi comprese quelle per la verifica dell'adempimento della prestazione lavorativa, e le eventuali abrogazioni di norme incompatibili. Le singole amministrazioni adeguano i propri ordinamenti ed adottano le misure organizzative volte al conseguimento degli obiettivi di cui al presente articolo.

Il pc si fa strada nella Pa, come vero e proprio strumento di comunicazione interno ed esterno. Infatti la ratio della comunicazione è quella di governare il cambiamento, modificare le strutture cognitive ed esperienziali, implementare nuovi codici di conoscenza e relazione. Il sistema informatico si presta a tutto questo.

Poi con la legge 50 del 99, sotto il government D’Alema, si cercò di riformare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, semplificando ministeri, agenzie, prefetture e quant’altro ma non entrò mai in vigore integralmente, poiché il successivo governo Berlusconi la modificò alla sua entrata in carica.

Infine, proprio il Governo Berlusconi nel 2004, con la legge n.4 del 9 gennaio – ministro Ciampi – inserisce e struttura i termini accessibilità e diritto all’informazione.

Art.1 (Obiettivi e finalità)
  1. La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.
  2. È tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.

Prende forma e sostanza il termine ‘servizio’ e ‘servizio telematico’ e si sostanzia l’accessibilità come facilitazione, agevolazione, codice ‘open’, piattaforma d’ingresso, usabilità.

All’Art.9 invece prende forma il concetto di
(Responsabilità)
  1.  L'inosservanza delle disposizioni della presente legge comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti.

Infine agli artt. 11 e 12 sono indicati i criteri cui la Pubblica Amministrazione deve attenersi per confarsi al dettato normativo

Art. 11  (Requisiti tecnici)
  1.  Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, consultate le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, con proprio decreto stabilisce, nel rispetto dei criteri e dei princìpi indicati dal regolamento di cui all'articolo 10:
  2. a) le linee guida recanti i requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità;
  3. b) le metodologie tecniche per la verifica dell'accessibilità dei siti INTERNET, nonché i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine.
Art. 12  (Normative internazionali)
  1.  Il regolamento di cui all'articolo 10 e il decreto di cui all'articolo 11 sono emanati osservando le linee guida indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sull'accessibilità dell'Unione europea, nonché nelle normative internazionalmente riconosciute e tenendo conto degli indirizzi forniti dagli organismi pubblici e privati, anche internazionali, operanti nel settore.
  2.  Il decreto di cui all'articolo 11 è periodicamente aggiornato, con la medesima procedura, per il tempestivo recepimento delle modifiche delle normative di cui al comma 1 e delle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute.

Secondo un’autorevole dottrina (Mancini) la comunicazione pubblica svolge compiti di integrazione distinguibili in :

integrazione funzionale, che determina il campo d’applicazione della comunicazione integrandola con le istituzioni di provenienza e con l’utenza e/o i fruitori dell’offerta di servizi di cui si comunica. In tal modo le istituzioni trasferiscono ai fruitori di servizi le conoscenze importanti per migliorare il rapporto qualitativo della relazione

integrazione simbolica, che si pone l’obiettivo di rafforzare l’identità dell’istituzione trasmettendo i valori di cui è portatrice ed in cui vuole identificarsi

Quello che fino ad oggi non è stato ancora studiato è il perno centrale attraverso cui questa integrazione deve necessariamente ruotare: il disegno umanistico del cambiamento relazionale, l’uomo al centro degli interessi di entrambe le parti, per l’amministrazione e per l’utente.

L’umanità al centro è lo sviluppo innovativo della globalizzazione che ha modificato anche le valutazioni dei servizi e dell’utente.

Il modello dello sviluppo organizzativo (OD – Organizational Development), sviluppato in america sul finire degli anni 60 non basta più al mondo moderno, sembra più indispensabile fare riferimento ad un modello della curva di crescita, sviluppatosi sul finire degli anni 90 , proposto da DuBrin. Woodward e Bucholtz, secondo questo modello si arriva ad un equilibrio organizzativo attraverso le spinte all’innovazione che mettono in discussione lo status quo e ne richiedono una verifica da cui poi discende una fase integrativa delle novità e del nuovo equilibrio.

Ma più di tutto questo, al di là del dato tecnico, la centralità che oggi si chiede è quella del nuovo disegno umano, la cui valutazione di efficacia ed efficienza è dato da nuove variabili e nuove valutazioni valoriali.

Prima di arrivare allo stadio attuale dell’umano al centro, si è passati già attraverso vari sviluppi di implementazione di e-democracy: dal benchmarking al codice dell’amministrazione digitale, dall’EGRI al RUPA, tutte valutazioni di efficienza che hanno portato su un unico percorso: il citizen relationship mangement = un approccio che si propone di comprendere il comportamento dei cittadini e intervenire sugli stessi, attraverso un processo di comunicazione continuo, migliorando il livello di soddisfazione dei bisogni anche attraverso un’accurata comprensione di questi ultimi. Insomma, in soldoni:  creare una identità istituzionale per fidelizzare all’uso del servizio ed alla soddisfazione delle necessità.

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Senza approfondire troppo, quello che si evidenzia, in seguito a quanto detto sopra, è un problema amministrativo di formazione dei funzionari/dirigenti in base ad una revisione delle proprie necessità istituzionali e comunicative, nonché una corretta identificazione delle proprie finalità ed obiettivi. Ne consegue che un’amministrazione pubblica deve avere ben in mente i servizi che offre ed il modo in cui intende offrirli= l’e-procurement.

Gli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione stanno assumendo sempre più rilevanza all’interno dell’Unione Europea (rappresentano circa il 16% del Pil europeo). Lo sviluppo di nuovi approcci all’approvvigionamento di beni e servizi, ed alla relativa offerta, sta assumendo un peso rilevante soprattutto nell’ottica di razionalizzazione della spesa pubblica.

Ma come può un funzionario pubblico, un dirigente, un amministratore, attenersi alle nuove modalità relazionali che vogliono al centro ‘l’umano’ ed implementare pratiche materiali di attenzione a questa centralità? In pratica, concretamente, cosa vuol dire tutto questo?

Basta fare riferimento alla Norma ISO9241-210:2010- bisogna attenersi ai principi dell’Human Centred Design che fornisce i requisiti e le raccomandazioni per la  progettazione di attività umane centrate sull’uso interattivi dei computer. Il protocollo Human Centred Design è destinato ad essere utilizzato da tali processi di progettazione e di gestione, e si occupa di modi in cui entrambe le componenti hardware e software dei sistemi interattivi possono migliorare l’interazione uomo-sistema.

Insomma secondo la definizione data dalla norma ISO 9241, l’usabilità è il “grado in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso.” – lo scrive Maurizio Boscarol – esperto di informatica e usabilità dell’Università degli Studi di Trieste

In un articolo chiarificatore leggiamo:

–La normativa ISO 9241 è del 1993 e si riferisce ai prodotti informatici in genere. Tuttavia l’usabilità è un concetto molto precedente ed esteso: nasce negli anni 60 nell’ambito dell’ergonomia in relazione a qualunque interazione uomo-artefatto. In seguito trova maggior fortuna proprio per i prodotti a base informatica (soprattutto i software), nel settore dell’ergonomia cognitiva. In questo specifico settore dell’ergonomia si studia il modo in cui un utente si costruisce un modello mentale del prodotto che sta usando, e si crea perciò determinate aspettative sul suo funzionamento. Compito degli studi di usabilità è fare in modo che il modello mentale di chi ha progettato il software (design model), da cui deriva il suo reale funzionamento, corrisponda il più possibile al modello mentale del funzionamento del software così come se lo costruisce l’utente finale (user model).

L’usabilità nasce dunque soprattutto come ausilio alla progettazione, e si applica in particolare alle interfacce. E’ con l’interfaccia di un software, infatti, che l’utente si relaziona. Ad ogni sua azione l’interfaccia proporrà un risultato, un cambiamento di stato. Poco importa, ai fini dell’usabilità, come l’interfaccia sia giunta a quello stato, attraverso cioé quali meccanismi di programmazione, che rimangono racchiusi in una vera e propria scatola nera impermeabile all’utente.

Va sottolineato che l’usabilità ha senso solo in presenza di un utente e di una relazione d’uso, e non esiste nel prodotto in sé. Le tecniche di usabilità tentano dunque di porre al centro dell’attenzione progettuale proprio l’utente. Può sembrare un dettaglio da poco, ma non lo è. In realtà sembra ovvio che il prodotto, siccome deve venir usato da un utente, venga progettato per lui. (…)

Ecco questi sono i criteri basilari cui un’Amministrazione pubblica dovrebbe attenersi nell’implementare servizi web per la soddisfazione dell’utenza, per farla ritornare sul sito, per creare identità e fidelizzazione, al fine di ottenere un miglioramento nella risposta alla richiesta di soddisfazioni da parte della cittadinanza e per crearsi un’immagine di attendibilità, onestà e trasparenza.

Continua Boscarol :

Così i problemi da porsi sono: a cosa serve un determinato sito web? Chi lo userà e cosa si aspetterà di trovarci? Le stesse domande che guidano tutto il progetto e anche la stesura dei contenuti. Gli esperti di usabilità interagiscono quindi con la progettazione di un sito in ogni fase della timeline di realizzazione: dalla definizione degli obiettivi alla costruzione dei contenuti, per andare in definitiva a incidere sull’interfaccia finale (che dipende da tutti questi e da tutti gli altri fattori coinvolti nel progetto). Se in alcuni casi questo può portare anche ad un ripensamento dell’information design e di alcuni meccanismi di programmazione, tale risultato emergerà esclusivamente attraverso l’interfaccia.

Agenda digitale, PA italiana e usabilità: a che punto siamo? qui trovate un altro interessantissimo articolo scritto recentemente

Le non notizie

Perché c’è anche una notizia, purtroppo non nuova, quella per cui, nel contesto pubblico italiano, i requisiti di usabilità web compaiono raramente ed eccezionalmente nelle gare d’appalto. In generale, quando si tratta di siti e servizi online, la cultura della necessità di previsioni rigorose e avvertite dei reali bisogni degli utenti è al momento poco diffusa. E ciò, nel contesto della pratica dei metodi e degli strumenti dell’usabilità, è constatabile non solo a monte, per esempio nei testi dei capitolati o comunque in fase di ideazione e progettazione, ma anche a valle, quando si tratta di valutazione della qualità della comunicazione dei siti web e dei servizi online.

Ad esempio, un “capitolato di sicurezza” concerne la cosiddetta “messa in sicurezza” di un sito, di un impianto o di un macchinario, e dovrebbe contenere, pertanto, i dettagli esecutivi pratici della prestazione convenuta di solito con riferimento a normative tecniche prescrittive od indicative sulla materia. Cosa che non sempre accade. Oppure un documento di analogo contenuto è il capitolato di outsourcing, con il quale tipicamente un’azienda demanda ad un’altra azienda ad essa estranea l’esecuzione di talune prestazioni in favore dei propri clienti. Talora la modalità realizzativa, e quindi la qualità dell’opera risultante, può essere riferita genericamente alla “miglior regola dell’arte”, per la cui determinazione ed adattabilità al caso si fa riferimento alle raccolte di usi e consuetudini o simili fonti.

Invece nel protocollo E-Glu è chiaramente specificato che oltre alla definizione chiara e puntuale della progettazione, poi si devono prevedere varie fasi di verifica, interrogando l’utenza scelta a campione, per evitare che il prodotto finale non sia corrispondente, ed evitare così, inutili perdite di tempo e denaro, pubblico tra l’altro.

Ma praticamente come fare?

Si parte con la definizione di amministrazione pubblica: cosa vuole essere, quali servizi vuole offrire, a quale utenza intende rivolgersi. Di questa utenza poi prende a campione alcuni rappresentati e somministra loro dei quiz, sul tipo: come vorresti che fosse il sito web, cosa vorresti trovarci, addirittura si potrebbe chiedere : quali colori preferisci e che tipo di tasti vorresti trovare. E’ chiaro che tra i rappresentanti dovrebbero trovarsi anche coloro che hanno ‘disabilità’ di qualunque tipo, per avere un campionamento il più ampio possibile.

Individuata e portata a compimento questa fase, si passa al capitolato tecnico d’appalto per società di servizi informatici. Nel capitolato andrebbe specificato passo passo tutte le caratteristiche richieste. Il gruppo di lavoro della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica – definito Glu, ha stilato un protocollo di capitolato tecnico ad uso delle Amministrazioni pubbliche, cui dovrebbe attenersi nelle gare d’appalto, centrato proprio sullo Human Centred Design. Il protocollo si chiama E-Glu.

Io trovo tutto questo fantastico, come i fumetti di Boscarol. Sì, perché per chi non lo sapesse, lui è anche un abile disegnatore di fumetti !