PER CHI HA PAZIENZA DI LEGGERE E VA FINO IN FONDO !
“Il Pin unico deve diventare come un codice fiscale per il cittadino e per la pubblica amministrazione – Madia Leopolda del 12/12/2015
“ E’ il tratto della governance improntata alla nuova modalità d’identità che caratterizza la PA efficiente, trasparente e sempre più orientata alle esigenze dell’utente. Non più una imposizione dall’alto delle risposte da somministrare al cittadino – secondo modelli ‘preconfezionati’ – senza porsi a propria volta domande sul grado di soddisfazione che queste risposte possono dare.
La burocrazia come mostro da sconfiggere ed i dirigenti della Pa tra i più ‘vecchi’ d’Europa, è questa la percezione che la cittadinanza italiana, in genere, ma soprattutto i giovani ha/hanno della pubblica amministrazione. Così la Ministro Madia si propone di attuare una vera e propria rivoluzione : ‘reclutamento in base ai fabbisogni del paese ed alle professionalità’ – C’è da immaginare che finalmente si dia mano alle piante organiche in base anche alle nuove e mutate esigenze della Pa – ‘Professionalità attraverso concorsi centralizzati e aggregati in base alle esigenze dell’intero paese’.
Madia si sofferma quindi sulla trasparenza, annunciando che la prossima settimana sarà presentato in consiglio dei ministri il decreto che introduce il Freedom of information act (FOIA). Ma, spiega, “abbiamo già guadagnato otto posizioni nella classifica mondiale sulla trasparenza grazie a nuovi siti che abbiamo realizzato, #SoldiPubblici, #Opencantieri, #Expò2015, in cui apriamo ai cittadini la nostra modalità di gestione delle risorse pubbliche. L’idea che il governo ha di trasparenza – conclude – è di una interazione con cittadini per fare insieme politiche contro la corruzione, gli sprechi, le inefficienze”.
Quindi trasparenza è sinonimo, o meglio è strettamente interconnessa, con comunicazione ed informazione ma soprattutto conoscenza.
Era il 1990, con la legge 241 Cossiga dava una prima spallata a quelle che fino ad allora erano state le porte serrate della Pubblica Amministrazione.
Art. 1 L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti.
La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria.
Si legge tra le righe che ancora l’attività amministrativa persegue fini determinati dalla legge (non c’è la funzione propria del dialogo con il cittadino, il cardine è rigido, non è ancora immaginata la possibilità della interattività e della modulazione su e verso l’utenza) ma già si parla di criteri di economicità, di efficacia. Il procedimento può ancora essere gravato da straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria. Ma il passo avanti è notevole.
Con le seguenti Leggi Bassanini, la serratura saltò, eppure la porta rimaneva ancora chiusa, diciamo come un legno antico che si è dilatato nel tempo e fatica a scorrere liberamente. Dalla sussidiarietà si passa in breve allo snellimento amministrativo, alla semplificazione e alla imparzialità del funzionario pubblico pur nell’aumentata autonomia locale.
Nella Legge 191 del 98, il Formez assume il valore etico di leva del cambiamento attorno cui ruota tutta la formazione della dirigenza pubblica e si comincia anche a delineare il telelavoro, che purtroppo in Italia non ha mai avuto una vera diffusione, al momento.
All’Art4, quello appunto che regola il telelavoro, al comma 3 si legge : Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità organizzative per l'attuazione del comma 1 del presente articolo(ossia il Telelavoro n.d.a.), ivi comprese quelle per la verifica dell'adempimento della prestazione lavorativa, e le eventuali abrogazioni di norme incompatibili. Le singole amministrazioni adeguano i propri ordinamenti ed adottano le misure organizzative volte al conseguimento degli obiettivi di cui al presente articolo.
Il pc si fa strada nella Pa, come vero e proprio strumento di comunicazione interno ed esterno. Infatti la ratio della comunicazione è quella di governare il cambiamento, modificare le strutture cognitive ed esperienziali, implementare nuovi codici di conoscenza e relazione. Il sistema informatico si presta a tutto questo.
Poi con la legge 50 del 99, sotto il government D’Alema, si cercò di riformare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, semplificando ministeri, agenzie, prefetture e quant’altro ma non entrò mai in vigore integralmente, poiché il successivo governo Berlusconi la modificò alla sua entrata in carica.
Infine, proprio il Governo Berlusconi nel 2004, con la legge n.4 del 9 gennaio – ministro Ciampi – inserisce e struttura i termini accessibilità e diritto all’informazione.
Art.1 (Obiettivi e finalità)
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La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.
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È tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.
Prende forma e sostanza il termine ‘servizio’ e ‘servizio telematico’ e si sostanzia l’accessibilità come facilitazione, agevolazione, codice ‘open’, piattaforma d’ingresso, usabilità.
All’Art.9 invece prende forma il concetto di
(Responsabilità)
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L'inosservanza delle disposizioni della presente legge comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti.
Infine agli artt. 11 e 12 sono indicati i criteri cui la Pubblica Amministrazione deve attenersi per confarsi al dettato normativo
Art. 11 (Requisiti tecnici)
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Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, consultate le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, con proprio decreto stabilisce, nel rispetto dei criteri e dei princìpi indicati dal regolamento di cui all'articolo 10:
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a) le linee guida recanti i requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità;
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b) le metodologie tecniche per la verifica dell'accessibilità dei siti INTERNET, nonché i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine.
Art. 12 (Normative internazionali)
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Il regolamento di cui all'articolo 10 e il decreto di cui all'articolo 11 sono emanati osservando le linee guida indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sull'accessibilità dell'Unione europea, nonché nelle normative internazionalmente riconosciute e tenendo conto degli indirizzi forniti dagli organismi pubblici e privati, anche internazionali, operanti nel settore.
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Il decreto di cui all'articolo 11 è periodicamente aggiornato, con la medesima procedura, per il tempestivo recepimento delle modifiche delle normative di cui al comma 1 e delle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute.
Secondo un’autorevole dottrina (Mancini) la comunicazione pubblica svolge compiti di integrazione distinguibili in :
– integrazione funzionale, che determina il campo d’applicazione della comunicazione integrandola con le istituzioni di provenienza e con l’utenza e/o i fruitori dell’offerta di servizi di cui si comunica. In tal modo le istituzioni trasferiscono ai fruitori di servizi le conoscenze importanti per migliorare il rapporto qualitativo della relazione
– integrazione simbolica, che si pone l’obiettivo di rafforzare l’identità dell’istituzione trasmettendo i valori di cui è portatrice ed in cui vuole identificarsi
Quello che fino ad oggi non è stato ancora studiato è il perno centrale attraverso cui questa integrazione deve necessariamente ruotare: il disegno umanistico del cambiamento relazionale, l’uomo al centro degli interessi di entrambe le parti, per l’amministrazione e per l’utente.
L’umanità al centro è lo sviluppo innovativo della globalizzazione che ha modificato anche le valutazioni dei servizi e dell’utente.
Il modello dello sviluppo organizzativo (OD – Organizational Development), sviluppato in america sul finire degli anni 60 non basta più al mondo moderno, sembra più indispensabile fare riferimento ad un modello della curva di crescita, sviluppatosi sul finire degli anni 90 , proposto da DuBrin. Woodward e Bucholtz, secondo questo modello si arriva ad un equilibrio organizzativo attraverso le spinte all’innovazione che mettono in discussione lo status quo e ne richiedono una verifica da cui poi discende una fase integrativa delle novità e del nuovo equilibrio.
Ma più di tutto questo, al di là del dato tecnico, la centralità che oggi si chiede è quella del nuovo disegno umano, la cui valutazione di efficacia ed efficienza è dato da nuove variabili e nuove valutazioni valoriali.
Prima di arrivare allo stadio attuale dell’umano al centro, si è passati già attraverso vari sviluppi di implementazione di e-democracy: dal benchmarking al codice dell’amministrazione digitale, dall’EGRI al RUPA, tutte valutazioni di efficienza che hanno portato su un unico percorso: il citizen relationship mangement = un approccio che si propone di comprendere il comportamento dei cittadini e intervenire sugli stessi, attraverso un processo di comunicazione continuo, migliorando il livello di soddisfazione dei bisogni anche attraverso un’accurata comprensione di questi ultimi. Insomma, in soldoni: creare una identità istituzionale per fidelizzare all’uso del servizio ed alla soddisfazione delle necessità.
Senza approfondire troppo, quello che si evidenzia, in seguito a quanto detto sopra, è un problema amministrativo di formazione dei funzionari/dirigenti in base ad una revisione delle proprie necessità istituzionali e comunicative, nonché una corretta identificazione delle proprie finalità ed obiettivi. Ne consegue che un’amministrazione pubblica deve avere ben in mente i servizi che offre ed il modo in cui intende offrirli= l’e-procurement.
Gli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione stanno assumendo sempre più rilevanza all’interno dell’Unione Europea (rappresentano circa il 16% del Pil europeo). Lo sviluppo di nuovi approcci all’approvvigionamento di beni e servizi, ed alla relativa offerta, sta assumendo un peso rilevante soprattutto nell’ottica di razionalizzazione della spesa pubblica.
Ma come può un funzionario pubblico, un dirigente, un amministratore, attenersi alle nuove modalità relazionali che vogliono al centro ‘l’umano’ ed implementare pratiche materiali di attenzione a questa centralità? In pratica, concretamente, cosa vuol dire tutto questo?
Basta fare riferimento alla Norma ISO9241-210:2010- bisogna attenersi ai principi dell’Human Centred Design che fornisce i requisiti e le raccomandazioni per la progettazione di attività umane centrate sull’uso interattivi dei computer. Il protocollo Human Centred Design è destinato ad essere utilizzato da tali processi di progettazione e di gestione, e si occupa di modi in cui entrambe le componenti hardware e software dei sistemi interattivi possono migliorare l’interazione uomo-sistema.
Insomma secondo la definizione data dalla norma ISO 9241, l’usabilità è il “grado in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso.” – lo scrive Maurizio Boscarol – esperto di informatica e usabilità dell’Università degli Studi di Trieste
In un articolo chiarificatore leggiamo:
–La normativa ISO 9241 è del 1993 e si riferisce ai prodotti informatici in genere. Tuttavia l’usabilità è un concetto molto precedente ed esteso: nasce negli anni 60 nell’ambito dell’ergonomia in relazione a qualunque interazione uomo-artefatto. In seguito trova maggior fortuna proprio per i prodotti a base informatica (soprattutto i software), nel settore dell’ergonomia cognitiva. In questo specifico settore dell’ergonomia si studia il modo in cui un utente si costruisce un modello mentale del prodotto che sta usando, e si crea perciò determinate aspettative sul suo funzionamento. Compito degli studi di usabilità è fare in modo che il modello mentale di chi ha progettato il software (design model), da cui deriva il suo reale funzionamento, corrisponda il più possibile al modello mentale del funzionamento del software così come se lo costruisce l’utente finale (user model).
L’usabilità nasce dunque soprattutto come ausilio alla progettazione, e si applica in particolare alle interfacce. E’ con l’interfaccia di un software, infatti, che l’utente si relaziona. Ad ogni sua azione l’interfaccia proporrà un risultato, un cambiamento di stato. Poco importa, ai fini dell’usabilità, come l’interfaccia sia giunta a quello stato, attraverso cioé quali meccanismi di programmazione, che rimangono racchiusi in una vera e propria scatola nera impermeabile all’utente.
Va sottolineato che l’usabilità ha senso solo in presenza di un utente e di una relazione d’uso, e non esiste nel prodotto in sé. Le tecniche di usabilità tentano dunque di porre al centro dell’attenzione progettuale proprio l’utente. Può sembrare un dettaglio da poco, ma non lo è. In realtà sembra ovvio che il prodotto, siccome deve venir usato da un utente, venga progettato per lui. (…)
Ecco questi sono i criteri basilari cui un’Amministrazione pubblica dovrebbe attenersi nell’implementare servizi web per la soddisfazione dell’utenza, per farla ritornare sul sito, per creare identità e fidelizzazione, al fine di ottenere un miglioramento nella risposta alla richiesta di soddisfazioni da parte della cittadinanza e per crearsi un’immagine di attendibilità, onestà e trasparenza.
Continua Boscarol :
Così i problemi da porsi sono: a cosa serve un determinato sito web? Chi lo userà e cosa si aspetterà di trovarci? Le stesse domande che guidano tutto il progetto e anche la stesura dei contenuti. Gli esperti di usabilità interagiscono quindi con la progettazione di un sito in ogni fase della timeline di realizzazione: dalla definizione degli obiettivi alla costruzione dei contenuti, per andare in definitiva a incidere sull’interfaccia finale (che dipende da tutti questi e da tutti gli altri fattori coinvolti nel progetto). Se in alcuni casi questo può portare anche ad un ripensamento dell’information design e di alcuni meccanismi di programmazione, tale risultato emergerà esclusivamente attraverso l’interfaccia.
Agenda digitale, PA italiana e usabilità: a che punto siamo? qui trovate un altro interessantissimo articolo scritto recentemente
Le non notizie
Perché c’è anche una notizia, purtroppo non nuova, quella per cui, nel contesto pubblico italiano, i requisiti di usabilità web compaiono raramente ed eccezionalmente nelle gare d’appalto. In generale, quando si tratta di siti e servizi online, la cultura della necessità di previsioni rigorose e avvertite dei reali bisogni degli utenti è al momento poco diffusa. E ciò, nel contesto della pratica dei metodi e degli strumenti dell’usabilità, è constatabile non solo a monte, per esempio nei testi dei capitolati o comunque in fase di ideazione e progettazione, ma anche a valle, quando si tratta di valutazione della qualità della comunicazione dei siti web e dei servizi online.
Ad esempio, un “capitolato di sicurezza” concerne la cosiddetta “messa in sicurezza” di un sito, di un impianto o di un macchinario, e dovrebbe contenere, pertanto, i dettagli esecutivi pratici della prestazione convenuta di solito con riferimento a normative tecniche prescrittive od indicative sulla materia. Cosa che non sempre accade. Oppure un documento di analogo contenuto è il capitolato di outsourcing, con il quale tipicamente un’azienda demanda ad un’altra azienda ad essa estranea l’esecuzione di talune prestazioni in favore dei propri clienti. Talora la modalità realizzativa, e quindi la qualità dell’opera risultante, può essere riferita genericamente alla “miglior regola dell’arte”, per la cui determinazione ed adattabilità al caso si fa riferimento alle raccolte di usi e consuetudini o simili fonti.
Invece nel protocollo E-Glu è chiaramente specificato che oltre alla definizione chiara e puntuale della progettazione, poi si devono prevedere varie fasi di verifica, interrogando l’utenza scelta a campione, per evitare che il prodotto finale non sia corrispondente, ed evitare così, inutili perdite di tempo e denaro, pubblico tra l’altro.
Ma praticamente come fare?
Si parte con la definizione di amministrazione pubblica: cosa vuole essere, quali servizi vuole offrire, a quale utenza intende rivolgersi. Di questa utenza poi prende a campione alcuni rappresentati e somministra loro dei quiz, sul tipo: come vorresti che fosse il sito web, cosa vorresti trovarci, addirittura si potrebbe chiedere : quali colori preferisci e che tipo di tasti vorresti trovare. E’ chiaro che tra i rappresentanti dovrebbero trovarsi anche coloro che hanno ‘disabilità’ di qualunque tipo, per avere un campionamento il più ampio possibile.
Individuata e portata a compimento questa fase, si passa al capitolato tecnico d’appalto per società di servizi informatici. Nel capitolato andrebbe specificato passo passo tutte le caratteristiche richieste. Il gruppo di lavoro della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione pubblica – definito Glu, ha stilato un protocollo di capitolato tecnico ad uso delle Amministrazioni pubbliche, cui dovrebbe attenersi nelle gare d’appalto, centrato proprio sullo Human Centred Design. Il protocollo si chiama E-Glu.
Io trovo tutto questo fantastico, come i fumetti di Boscarol. Sì, perché per chi non lo sapesse, lui è anche un abile disegnatore di fumetti !